La Corte d’Appello di Genova, con sentenza del 4 maggio 2021, ha affermato che deve essere il condomino a dare prova che la raccomandata ricevuta conteneva un solo avviso di convocazione per l’assemblea, e non due come indicato dal Condominio mittente.
In tema di contenuto dell’atto interruttivo della prescrizione, la costituzione in mora non è soggetta a rigore di forme, all’infuori della scrittura, e, quindi, non richiede l’uso di formule solenni né l’osservanza di particolari adempimenti, essendo sufficiente che il creditore manifesti chiaramente, con un qualsiasi scritto diretto al debitore e portato comunque a sua conoscenza, la volontà di ottenere dal medesimo il soddisfacimento del proprio diritto (nel caso di specie erano state inviate delle raccomandate a/r in toni pacati e cortesi, recanti “viva preghiera di comunicare in che data avranno inizio i lavori”). É quanto si legge nell’ordinanza della Cassazione del 31 maggio 2021, n. 15140.
Pronunciandosi su un caso “lituano” in cui si discuteva della legittimità della decisione del Parlamento di quello Stato di non riconoscere un’associazione religiosa (Associazione Religiosa del Baltico antico denominata Romuva), la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto, all’unanimità, che vi fosse stata sia una violazione dell’articolo 14 (divieto di discriminazione) in combinato disposto con l’articolo 9 (libertà di pensiero, coscienza e religione) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, sia una violazione dell’articolo 13 (diritto a un ricorso effettivo). Il caso riguardava il rifiuto da parte del Seimas (il Parlamento lituano) di concedere alla associazione ricorrente lo status di associazione religiosa riconosciuta dallo Stato. La Corte di Strasburgo ha rilevato in particolare che le autorità statali non avevano fornito una ragionevole e obiettiva giustificazione per trattare l’associazione ricorrente in modo diverso da altre associazioni religiose che si trovavano in una situazione simile e i membri del Parlamento non erano rimasti neutrali e imparziali nell’esercizio dei loro poteri regolamentari.La Corte EDU ha inoltre ritenuto che l’associazione ricorrente non avesse avuto la disponibilità di un ricorso interno effettivo rispetto alla contestata decisione del Parlamento, e il Governo non ne aveva indicato altri rimedi che avrebbero potuto soddisfare i criteri di cui all’articolo 13 della Convenzione.
La sentenza della Corte di appello di Napoli del 24 maggio 2021 si inserisce nel solco giurisprudenziale secondo cui il contratto di ormeggio è atipico, la cui struttura è liberamente decisa dalle stesse parti contraenti, le quali possono prevedere anche l’assunzione dell’obbligazione di custodia dell’imbarcazione, come nella fattispecie scrutinata, con la conseguente assunzione di responsabilità in capo al gestore dei servizi portuali in caso di danni alla res, la cui liberazione, postula l’allegazione della prova di non imputabilità in capo al medesimo dell’inadempimento al suddetto obbligo.
Allo studio un progetto di legge per introdurre nel nostro ordinamento l’arbitro per le controversie assicurative. Come riferito dal Segretario generale dell’IVASS (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni) in un suo recente intervento, “Il cammino verso l’avvio del sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie per il settore assicurativo ha fatto un ulteriore importante passo avanti con la messa in consultazione, con le principali associazioni del mercato e dei consumatori, del Decreto interministeriale”. L’arbitro assicurativo servirà a risolvere le controversie tra clienti e compagnie assicurative a costi contenuti e in tempi rapidi (massimo sei mesi, prorogabili di altri tre), senza bisogno di ricorrere all’autorità giudiziaria, secondo il modello dell’Acf (Arbitro per le controversie finanziarie) e Abf (Arbitro bancario). Chi non riuscirà a dirimere la controversia per questa via, potrà comunque proporre le sue domande al giudice competente. I pronunciamenti dell’arbitro non saranno vincolanti (come per Acf e Abf) ma l’attesa è che possano comunque costituire precedenti autorevoli per facilitare le transazioni in casi simili.
I danni derivanti dalla perdita del guadagno di un’attività commerciale per loro stessa natura evidenziano la pratica impossibilità di una precisa dimostrazione. Ciò non di meno, spetta all’attore l’onere di fornire elementi, di natura contabile o fiscale, con riguardo, indicativamente, alla consistenza ed alla redditività dell’esercizio commerciale, al fatturato e agli utili realizzati negli anni precedenti, all’incidenza del pagamento del canone e degli oneri connessi alla locazione. A confermarlo è la Cassazione con ordinanza 3 novembre 2021, n. 31251.
Il Tribunale di Roma, con sentenza del 15 novembre 2021, ha rigettato la domanda di un condomino volta ad affermare la responsabilità del condominio per un atto di emulazione consistente in una deliberazione dell’assemblea in tema di destinazione di uso delle parti comuni.
Secondo la Cassazione, ordinanza 27 dicembre 2021, n. 41542, il giudice deve, anche d’ufficio, procedere alla liquidazione equitativa dei danni di cui riconosca l’esistenza, tanto nell’ipotesi in cui sia completamente mancata la prova del loro ammontare, a causa dell’impossibilità di fornire congrui ed idonei elementi a riguardo, quanto nell’ipotesi in cui, pur essendosi svolta attività processuale per fornire tali elementi, per la notevole difficoltà di una precisa quantificazione, non siano stati ritenuti di sicura efficacia.
L’art. 140, cod. ass., comma 4, primo periodo, conformemente all’esigenza di interpretare restrittivamente le previsioni di litisconsorzio necessario in quanto introducenti restrizioni alla libertà di azione, va inteso nel senso che il litisconsorzio necessario ha natura solo processuale e non sostanziale; esso dunque presuppone che il processo sia promosso da o contro o più danneggiati (oltre che nei confronti dell’assicuratore e del responsabile civile) o in esso intervenga uno o più altri danneggiati – litisconsorzio facoltativo iniziale – e sussiste solo se venga proposta da alcuna delle parti domanda di accertamento, positivo o negativo, di incapienza del massimale assicurativo e di conseguente riduzione proporzionale dell’indennizzo.
Le Sezioni Unite con una “storica” sentenza hanno escluso la natura obbligatoria, sia pure nella specifica qualificazione di obbligazione propter rem, del danno determinato dalle infiltrazioni provenienti dal lastrico solare o dalla terrazza a livello di proprietà esclusiva, sostenendo la riconducibilità di tale responsabilità nell’ambito dell’illecito aquiliano. Tuttavia, è stato precisato che il criterio di riparto previsto per le spese di riparazione o ricostruzione dall’articolo 1126 c.c.costituisce un parametro legale rappresentativo di una situazione di fatto, utile anche ai fini della ripartizione del danno cagionato da una copertura piana di proprietà esclusiva, ma comunque destinata a svolgere una funzione anche nell’interesse dell’intero edificio o della parte di questo ad essa sottostante. La Corte di Appello di Cagliari, con sentenza del 2 febbraio 2022 n. 49, ha precisato che dei danni cagionati all’appartamento sottostante per le infiltrazioni d’acqua provenienti dal lastrico solare (o della terrazza a livello) – ad uso non comune a tutti i condomini – rispondono sia il proprietario o l’usuario esclusivo, sia il condominio, il cui concorso va risolto, in mancanza della prova contraria della specifica imputabilità soggettiva del danno, secondo i criteri stabiliti dall’art. 1126 c.c.