Il reato di accesso abusivo al sistema informatico si configura a prescindere dalla acquisizione legittima delle password e lo stalking si realizza anche con il reiterato invio di sms, di e-mail o di messaggi postati sui social network. È quanto affermato dalla Cassazione penale, sezione V, con sentenza del 20 novembre 2019, n. 47049.
Pronunciandosi su un caso “armeno” in cui si discuteva della legittimità della condanna inflitta ad un pubblico ufficiale per i reati di truffa e corruzione grazie anche alle audio e videoriprese eseguite nei suoi confronti per acquisire elementi di prova a carico, la Corte di Strasburgo ha ritenuto, all’unanimità (sentenza 5 dicembre 2019 (n. 43478/11), che vi era stata una violazione dell’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare), mentre ha escluso che fosse stato violato l’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (diritto al giusto processo). Il caso riguardava la denuncia della ricorrente secondo cui la polizia non aveva ricevuto una valida autorizzazione del giudice per sottoporla ad attività di video e audio sorveglianza durante un’indagine penale. La Corte ha riscontrato in particolare che il provvedimento del giudice non era sufficientemente specifico nell’indicare la persona oggetto della misura di sorveglianza, e l’incertezza e genericità della motivazione sul punto erano inaccettabili, soprattutto quando comportano una così grave interferenza con il diritto al rispetto della vita privata e familiare, come nel caso delle attività di video e audio sorveglianza eseguite “segretamente”. Inoltre, il provvedimento del giudice non elencava le misure specifiche che avrebbero dovuto essere disposte nei confronti del destinatario. Nel complesso, la misura di sorveglianza non poteva dirsi aver avuto un sufficiente controllo giudiziario e si era dunque posta in conflitto con la Convenzione EDU.
L’imputato aveva impugnato la misura cautelare dinanzi al Tribunale del riesame, ed aveva chiesto di essere presente solo successivamente, ed il riesame non lo aveva fatto tradurre. Ora i giudici di legittimità, all’udienza del 27 febbraio 2020 per la soluzione della questione ”se, nel procedimento di riesame avverso provvedimenti impositivi di misure cautelari personali, il soggetto sottoposto a misura privativa o limitativa della libertà personale, che intenda esercitare il diritto di comparire personalmente all’udienza camerale ai sensi dell’art. 309, comma 8-bis, c.p.p., deve formularne istanza, personalmente o a mezzo del difensore, nella richiesta di riesame, oppure possa presentare la richiesta anche non contestualmente alla proposizione dell’impugnazione cautelare, ma comunque in tempo utile per consentire di organizzare la tempestiva traduzione, ai fini del regolare svolgimento del procedimento di cui all’art. 309 c.p.p.” (Cass. pen. sez. III, ordinanza 23 ottobre 2019, n. 43406).
Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato la sentenza di condanna inflitta in primo grado ad una donna, cui era stato addebitato di aver tentato di consegnare una banconota da 50€ falsa ad un venditore ambulante in pagamento di merce del valore di 5€, la Corte di Cassazione (sentenza 21 novembre 2019, n. 47230) – nel disattendere la tesi difensiva secondo cui non era stato dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio il dolo dell’imputata – ha diversamente ribadito che la consapevolezza della spendita della banconota falsa è desumibile sia dal possesso della stessa, ma soprattutto tenuto conto della condotta, consistita nel rappresentare falsamente al venditore ambulante di non avere altro denaro che potesse permetterle il pur modesto acquisto concordato.
Di seguito l’articolo del Prof. Ceretti e del Prof. Cornelli pubblicato su Diritto Penale e Processo n. 11/2019, Ipsoa, Milano.

A partire dall’analisi della recente legislazione in tema di sicurezza urbana, s’intende discutere di come, in ragione di una sicurezza intesa come diritto individuale a ottenere una protezione totale, le politiche pubbliche siano continuamente chiamate a estendere il controllo penale e il disciplinamento urbano, rendendo sacrificabili i diritti fondamentali sull’altare della sicurezza, e s’inscrivano pienamente nelle tensioni delle democrazie contemporanee, sempre più attraversate da istanze populiste a cui si vorrebbe rispondere con soluzioni tecnocratiche. In particolare, l’espressione “populismo penale” sarà analizzata per mettere in luce come il campo penale costituisca il terreno privilegiato per l’affermazione di progetti politici che forzano i limiti dello stato di diritto. L’impatto del populismo penale così inteso sulla qualità delle ‘nostre’ democrazie e la proposta di un percorso per rinsaldarle saranno considerati in sede di conclusione.

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