Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato la sentenza di primo grado, che aveva condannato l’imputato per il reato di corruzione di minorenne, per aver inviato ad una ragazzina, minore degli anni 14, video pornografici sulla sua utenza cellulare, inducendola a compiere atti sessuali, inviando sulla utenza cellulare le relative immagini, la Corte di Cassazione (sentenza 11 maggio 2020, n. 14210) – nel disattendere la tesi difensiva, secondo cui non era configurabile il “subire atti sessuali” essendo mancato qualsiasi contatto o coartazione tra i due- ha invece affermato che deve escludersi che le condotte poste in essere mediante comunicazione telematica presentino, per il solo fatto di svolgersi in assenza di contatto fisico con la vittima, modalità non ricomprese nella fattispecie astratta di reato (art. 609 quinquies, co. 2, c.p.) che punisce la corruzione di minorenne, poichè il far assistere un minore di anni 14 al compimento di atti sessuali o il mostrare allo stesso materiale pornografico al fine di indurlo a compiere o a subire atti sessuali non richiede necessariamente la presenza fisica essendo idonee anche le comunicazioni telematiche tra i due, così come per il reato di atti sessuali con minorenne (art. 609 quater, c.p.).
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